Un tempo, alle donne era proibito
salire sul palco.
Le prime tracce di donne sulla scena si hanno nel Medio Evo,
grazie a qualche testimonianza pittorica. Sappiamo di ragazze acrobate
nell’isola di Creta, circa tremila anni prima di Cristo, ma per tutta l’epoca
greco-romana non si hanno molte notizie di donne attrici.
In Boccaccio sono
quasi solo le donne che tengono il filo del Decameron.
Sono loro che prendono spesso la parola e se si va ad analizzare le storie che
raccontano, sicuramente i loro racconti sono quelli più divertenti e
provocanti.
Il rito della “conta”, del Decameron, cioè le veglie durante le quali si raccontavano favole malinconiche e oscene è
sempre esistito, soprattutto tra i contadini. Ed era una vera e propria
tradizione quella che vedeva alcune donne nei paesi, raccontare le favole ai
loro figli o nipoti. Ed era sempre una donna che, una volta messi a letto i
bambini, raccontava storie provocatorie e oscene a gruppi di comari, parenti o
vicini di casa che si riunivano attorno a una tavola o davanti a un camino
nelle notti d’inverno.
Machiavelli consigliava al Principe: “Date a un popolo
la convinzione d’essere colpevole, non importa di che, e vi sarà più facile
governarlo!”
In questa frase, traspare in modo diretto, tutto il senso di colpa
che, chi detiene il potere, cerca di inculcare alla massa. Questa cosa è sempre
accaduta e accade ancora oggi nella nostra storia. Ogni individuo ha dentro di
sé una massa che avverte il peso di questa colpa.
La vergogna, l’ansia del
peccato, è tuttora, un vero e proprio ostacolo che allontana abbastanza
bruscamente l’uomo da qualcosa dove in realtà è molto semplice accedere: uno
spazio essenziale, un confine molto fragile che potremo forse chiamare “aldilà dei
sogni”? Chiamatelo come volete. È un posto che in realtà non è così lontano, dove l’unico spazio da conquistare è
una libertà interiore che consentirebbe ad ogni essere umano di essere ciò che
è naturale che sia: un artista.
Ecco perciò che, l’osceno era in
passato, l’unica arma per sconfiggere quel senso di colpa. E ancora oggi, il compito di un comico, è
creare un corto circuito, (provocato dalla risata) dei nostri codici colpevolizzanti
di auto-giudizio.
La risata, la comicità, è stata, fin dai tempi più remoti, un
mezzo per uscire provvisoriamente da questo senso di colpa.
Il comico perciò, il giullare, il
pagliaccio è sempre stato considerato intoccabile, al di là di qualsiasi
giudizio. Il buffone di corte non era condannabile anche se pronunciava le cose
più sconce e le battute più oscene, questo perché era considerato uno strumento
importante.
L’impegno dei comici era
distruggere questa angoscia del senso di colpa, col far ridere e,
contrariamente a quello che si pensa, questo ruolo, originariamente era affidato
proprio alle donne. Perché?
È qualcosa che ha a che fare con
l’intuito, una virtù prettamente femminile.
In ogni uomo esiste questa parte
che, come per magia, dissolve ogni ostacolo che lo divide da una comprensione
profonda: quella d’essere liberi da ogni colpa che lo separa nettamente da
qualsiasi corazza o maschera che ci rende legati ad una forma di giudizio
esterno e interno.
Sono come delle catene che ci tengono prigionieri e che
c’impediscono di vivere con uno sguardo più libero e soprattutto, di accorgerci
di prospettive diverse, dove l’orizzonte si fonde con il nostro cuore.
Il sesso è sempre stato una
potente arma di questa percezione del peccato.
Dentro ognuno di noi esiste un personaggio femminile importante che ci invita a una vera e propria rivoluzione e
liberazione.
Proprio come nella commedia Lisistrata
di Aristofane, ambientata ad Atene, dove le donne chiedono ai propri mariti di
far cessare la guerra del Peloponneso.
Lisistrata, il personaggio
principale della storia si allea con altre donne di Sparta e di Corinto. Le
donne delle tre città, all’inizio sono contrarie alle decisioni di Lisistrata
ma alla fine accettano il patto di alleanza.
Dicono agli uomini impegnati a giocare alla guerra: "Ora basta! "
Lisistrata dà alle donne il coraggio di andare avanti
da sole, senza uomini per un bel periodo.
Gli uomini cominciano a soffrire
(anche fisicamente) per una mancanza reale e perciò, si affrettano dichiarare
la pace, negoziando con i vari paesi.
Non tutti hanno il coraggio di
andare incontro a questa Lisistrata segreta che ci invita da sempre, ad una
pace che non implica affatto la rinuncia a godere dei piaceri della vita, ma
che ci invita solo a far cessare quella guerra che crea continui conflitti tra
le opposte fazioni di magistrati interiori che, poverini, sono convinti di aver ragione su tutto.
Nelle nostre tre città
psicologiche, rappresentate da Atene, Sparta e Corinto (Mente, Fisico e
Emotivo), può avvenire un patto magico di alleanza.
Le donne di Sparta e
Corinto all’inizio non vogliono. È molto difficile separarsi da un vecchio modo
di agire. Una volta che si è creata quell’armonia necessaria per mettersi in
azione, si possono stabilire buoni presupposti per mettersi sulla Via di una comprensione più profonda.
Mettere d’accordo tutti gli scalmanati che affollano la nostra "selva oscura", è la conseguenza di un vero e proprio Lavoro che ha come scopo un mondo interiore libero e perciò, un
mondo esterno nuovo.
E se non foste zucche senza sale,
trarreste esempio dalla nostra lana,
per governare ogni cosa.
LISISTRATA. ARISTOFANE
Quando si apre il sipario.
Il ruolo della donna nel comico.
di Angelo Orlando. © 2012
Edizioni La Teca.